Pippo Franco

Pippo Franco in una scena del film degli anni ’80 dal titolo “Sfrattato cerca casa equo canone”.

ATTORE E REGISTA

Settembre 1981. Eravamo nella hall dell’albergo Buonconsiglio di Trento. Come ricordato anche nei precedenti capitoli, in quei giorni si svolgeva la Festa dell’Amicizia e la città era invasa di cantanti, attori e cabarettisti molto noti anche di livello internazionale. Ricordo che incontrai una trentina di artisti provenienti da tutto il mondo; li conobbi personalmente, parlai con ciascuno di loro e molti li intervistai per conto della radio per la quale lavoravo. Tra questi c’era anche Pippo Franco.

Come ho già detto ero insieme ad un mio collega di Radio Luna International nella hall dell’albergo Buonconsiglio. Il mio giro di interviste era quasi terminato: mi mancavano solo Pippo Franco e Vasco Rossi.

Quando incontrai l’attore erano circa le 11,00 del mattino. Si accomodò su una delle poltrone della hall proprio di fronte alla vetrata che da all’esterno e iniziò a parlare. Ecco ciò che mi disse quel giorno: “Eccomi, sono tutto per voi”.

Iniziai a “sparare” alcune domande a “raffica” e concentrai il tema del nostro incontro sulla sua carriera di attore.

Mi parlò del notissimo autore televisivo Francesco Pingitore con il quale collaborava da anni e dei numerosi progetti realizzati con lui. Accennò ai numerosi film che aveva interpretato e quando, con un po’ di faccia tosta, gli chiesi che importanza avessero i soldi per lui, mi rispose in modo molto accademico: “Vedo che il frigorifero non è più vuoto come una volta e le banche continuano a farmi credito e questo è segno che le cose tutto sommato vanno bene”.

Il discorso sul denaro si riallacciava alla comune sorte degli artisti che all’inizio della loro carriera sono costretti ad una dura gavetta, alle tantissime difficoltà necessarie per emergere nel mondo dello spettacolo e ai grandi sacrifici che lui aveva dovuto fare per “sfondare” nel proprio lavoro.

Quel giorno accennò anche a suo figlio e disse che il ragazzo mostrava interesse per la sua professione e che anche lui nella vita di tutti i giorni parlava a battute e inquadrature.

Aggiunse però che non ci teneva particolarmente che lui facesse un lavoro così duro come quello dell’attore che comporta davvero moltissimi sacrifici per emergere.

Quando gli chiesi qual era il genere che preferiva tra il cinema, il teatro e la rivista, mi disse che per lui non c’era grande differenza. Se il progetto era valido, le soddisfazioni si potevano raccogliere sia nel cinema che negli altri settori dell’arte.

Fu un’intervista simpatica e all’insegna del buon umore. Ci salutammo cordialmente dandoci un arrivederci che sarebbe poi stato un a risentirci, perché molti anni dopo, esattamente intorno alla metà degli anni ’90, ebbi modo di ricontattarlo al telefono per un’intervista su Padre Pio. Ma quella volta le cose non andarono bene come durante il primo incontro.

Pippo non volle rilasciarmi alcuna dichiarazione. Mi disse che aveva già detto tutto ai frati del Convento di San Giovanni Rotondo e non aveva altro da aggiungere. Mi disse di leggere il mensile “La voce di Padre Pio” perché lì avrei potuto trovare i dettagli della sua esperienza con il frate con le stimmate.

Lo salutai con un po’ di rammarico ma non gli ricordai che ci eravamo incontrati e conosciuti tanti anni prima in quell’assolato giorno di settembre in occasione della Festa dell’Amicizia di Trento.

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